03/09/2025

Il processo di rendicontazione di Sostenibilità

a cura di Forum per la Finanza Sostenibile


 

In un contesto in cui sostenibilità e trasparenza non sono più optional, ma pilastri fondamentali per la creazione di valore a lungo termine, questo documento guida il lettore nella comprensione del percorso di raccolta, aggregazione e rendicontazione dei dati ESG.

La crescente pressione da parte di asset owner, autorità di vigilanza, legislatori e stakeholder ha trasformato la rendicontazione ESG in un elemento cruciale per ogni organizzazione, discriminante tra il buono ed il cattivo operato di un’azienda, che sia in malafede o meno. La direzione presa dai legislatori europei è infatti chiara, e spinge verso la massima trasparenza dei dati, quantitativi e qualitativi, per una visione completa e senza vincoli dei diversi processi della supply chain.

Per quanto sia criticato e messo in discussione questo punto, che complica enormemente il processo di collezionamento dei dati, bisogna comunque insistere su questo doppio fronte, lavorando per standardizzare la raccolta e rendere auditabili i dati per evitare greenwashing.

 

Il percorso di raccolta e aggregazione dei dati ESG

Il ciclo parte dai siti operativi/asset: qui property e facility manager misurano consumi energetici, acqua, rifiuti, sicurezza, incidenti, pratiche HR, ecc. In questa fase la difficoltà è coinvolgere gli occupanti/fornitori e rispettare i vincoli privacy (es. GDPR).

I dati di tanti asset vengono aggregati a livello di portafoglio per ottenere indicatori comparabili e trend (es. emissioni Scope 1-2, infortuni, tasso di formazione). Il livello manageriale usa questi dati per definire strategia e governance ESG, impostare piani (es. decarbonizzazione) e presidiare rischi/controlli.

Infine, gli stakeholder (azionisti, autorità, clienti, comunità) chiedono disclosure puntuale e comparabile: il perché e il come delle performance, non solo i numeri.

Per passare poi dal “dato grezzo” al report occorrono quattro passaggi ricorrenti:

  1. Definizione del perimetro e dei KPI (quali asset/processi rientrano, quali metriche sono materiali).
  2. Data model e tracciabilità (stesse unità di misura, fattori di emissione, fonti e responsabilità).
  3. Controlli e riconciliazioni (coerenza tra sistemi ESG e contabilità; sample check documentali).
  4. Consolidamento e taglio “per utente”: gli stessi dati alimentano output diversi (finanza, investitori, stakeholder), evitando duplicazioni.
L’obiettivo è costruire un flusso digitale che riduca errori manuali e prepari alla limited assurance (revisione limitata) sui contenuti di sostenibilità; senza basi dati solide, l’assurance si inceppa. Risulta quindi fondamentale affidarsi a processi e formati omogenei lungo la catena.

Si riassume di seguito ciò che serve per passare dalle misure al report:

  • Governance & responsabilità: ruoli chiari tra operations, finanza, HR, HSE, IT e sostenibilità, e calendario di chiusura dati.
  • Doppia materialità (UE) e materialità finanziaria (ISSB): selezionare i temi/punti-dati che contano davvero per impatto e/o rilevanza finanziaria.
  • Baseline e obiettivi: definire l’anno base, target e piani (es. clima, sicurezza).
  • Raccolta & controlli: sistemi, workflow e audit trail; coerenza tra ESG e contabilità.
  • Consolidamento & riconciliazioni: portafoglio, perimetro di consolidamento, fattori di emissione, stime.
  • Assurance: predisporre evidenze per la revisione limitata/assurance esterna.
  • Interoperabilità degli standard: mappare GRI-ESRS-ISSB per riutilizzare gli stessi dati verso mercati finanziari e stakeholder (la Commissione ha pubblicato linee guida sull’interoperabilità).
  • Pubblicazione & digital tagging (UE): depositare la sustainability statement con XBRL-ESRS e, quando applicabile, includere art. 8 Tassonomia UE.

 

I “tre binari” della rendicontazione

A monte di tutto questo processo, complicato e dispendioso in termini di tempo e costi, la domanda sorge quindi spontanea: dove vanno a finire tutti questi dati? In cosa sfociano? Ma soprattutto, a cosa serve tutto ciò?

In primis, parliamo dei documenti risultanti da questo processo, che sono principalmente tre:

  • Reporting finanziario (rapporto annuale): contiene valori economico-finanziari secondo IFRS/IASB o altri GAAP. Serve soprattutto alla lettura economica del business.
  • Informativa finanziaria collegata alla sostenibilità per gli investitori: qui entrano i nuovi IFRS S1 e IFRS S2 emessi dall’ISSB; si applicano insieme, sono efficaci dai periodi iniziati dal 1° gennaio 2024 e chiedono disclosure su governance, strategia, gestione dei rischi, metriche e target, con S2 specifico sul clima. In pratica sono il “linguaggio ESG per i mercati finanziari”, e raccolgono l’eredità della TCFD.
  • Reporting di sostenibilità multi-stakeholder: a livello globale, questo è l’ambito dei GRI Standards, pensati per spiegare impatti su persone, ambiente ed economia con logica di materialità e coinvolgimento degli stakeholder. Sono modulari e costantemente aggiornati per allinearsi alle best practice globali. A livello europeo, invece, la CSRD obbliga a riportare secondo gli ESRS: le prime imprese applicano le nuove regole dall’esercizio 2024 (pubblicazione nel 2025); il pacchetto è in evoluzione ma la rotta è chiara.

In questo ambito, è importante specificare la grande novità apportata negli ultimi anni dalla normativa CSRD, ovvero l’integrazione della dichiarazione di sostenibilità nel rapporto annuale (reporting finanziario) delle aziende soggette, con specifici contenuti e digital tagging; le FAQ della Commissione e i riferimenti all’Articolo 19-bis della Direttiva contabile lo chiariscono (Direttiva 2022/2464/UE).

Dunque, a cosa serve tutto ciò? Vedendo gli importanti obblighi e vincoli imposti alle aziende viene spontaneo chiederselo, capire cosa rimane in mano alle aziende da questi impegni non da poco, ma spesso ci si dimentica di come questi obblighi siano in realtà una leva strategica per creare valore sostenibile e affrontare le sfide future con rigore e trasparenza.

Un sistema di rendicontazione ben progettato diventa motore di decisioni migliori (allocazione del capitale, priorità degli investimenti, gestione del rischio), ponte verso i mercati (maggiore accesso a credito e capitale, potenziale riduzione del costo del capitale grazie a informazioni comparabili) e leva operativa (efficienze energetiche e di processo, riduzione di sprechi e non-conformità lungo la catena del valore). Inoltre, rafforza la fiducia di clienti, comunità e autorità, facilita la partecipazione a gare e supply chain che richiedono standard minimi di disclosure e assurance. Infine, crea un ciclo di miglioramento continuo, obiettivi-misurazione-assurance-correzioni, che rende l’azienda più pronta ad affrontare shock normativi, climatici e di mercato.

In altre parole, questi “binari” informativi non sono un mero esercizio di stile, ma l’infrastruttura che trasforma il dato in valore strategico, oggi misurabile e domani difendibile.
Per approfondire il discorso, vi consigliamo di consultare la nostra Breve guida agli standard per la rendicontazione di sostenibilità, che trovate sempre su FreeBook al seguente link:

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